mercoledì 21 gennaio 2009

Dichiarazione di voto per il Consiglio straordinario sui "campi rom"

Approvando pienamente la proposta all’o.d.g. di questa Assemblea, ritengo però doveroso fare alcune considerazioni.
Innanzitutto vorrei chiedere al sindaco Coletta, pur apprezzando la scelta di investire l’intero Consiglio su questa decisione, il motivo per il quale si sia arrivati ad una convocazione d’urgenza e con un solo giorno di preavviso per questa seduta, se la richiesta del Commissario è stata protocollata a questo Ente in data 29 dicembre u.s. e quindi con un tempo adeguato ad una più rispettosa convocazione.
Bene ha fatto il Prefetto Pecoraro, poi, a convocare i Municipi di Roma e i Comuni della Provincia per ascoltare le loro ragioni, dimostrando massima imparzialità e una volontà di governo collegiale del fenomeno, con l’obiettivo di affrontare con un metodo condiviso l’intera questione e pianificare di comune accordo i programmi da adottare e le decisioni da prendere; così come è da apprezzare il lavoro e le dichiarazioni del Presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, che si è fatto responsabilmente portavoce delle preoccupazioni delle comunità locali e delle istanze dell’intero territorio provinciale. È deprecabile invece la politica del Sindaco di Roma, Alemanno, che ha tentato sin dall’inizio soluzioni che non potevano essere condivise né dai Comuni dell’hinterland né dai Municipi: soluzioni che non erano altro che scaricare il problema da Roma al suo circondario. Così come già fatto con il problema della prostituzione e dei rifiuti. Chi governa ha il dovere di risolvere i problemi e non di spostarli. È perfino superfluo dire, associandomi a quanto già detto dal Presidente Zingaretti, che un’impostazione che prevede per Roma soldi e poteri, per gli altri Comuni rom, prostitute e rifiuti, è una impostazione inaccettabile, volta a creare solamente tensioni.
Prima di qualunque ipotesi di trasferimento, il Sindaco Alemanno dovrebbe sapere che nei nostri territori, da diverso tempo, le Forze dell’ordine hanno una gravissima carenza di uomini e mezzi e non ci sembra che sia stato fatto molto per risolverla, a parte gli uomini dell’Esercito inviati nella città di Roma. Sarebbe più giusto, allora, condividere non solo i problemi, ma anche le risorse e le opportunità disponibili.
Ritengo così, come già sostenuto dalla maggior parte dei Sindaci e delle Amministrazioni comunali della Provincia di Roma, che questa complessa situazione debba essere affrontata, così come sta facendo il Prefetto, non cercando di trasferire problemi di difficilissima soluzione ad altri Enti, tra l’altro con molte meno risorse economiche rispetto a Roma e strutture non organizzate per affrontare emergenze sociali di questo tipo e portata, ma attraverso un processo di coinvolgimento e partecipazione di tutti gli Enti e le Istituzioni, a partire dalla Provincia di Roma, dalla Regione Lazio, dai Comuni dell’hinterland, dalla Prefettura e dalla Questura.
Questa discussione, tra l’altro, conferma ancora una volta l’urgenza di dotarci di un Ente di governo dell’Area metropolitana.
Tornando alla questione, il punto su cui discutere non è se noi vogliamo o non vogliamo i campi rom; la nostra posizione non deriva da una questione di principio, ma da dati di fatto basati sulla effettiva realtà. La questione deve essere affrontata nella sua interezza, non pensando solo ai problemi di ordine pubblico ma attraverso specifiche politiche di integrazione. È fondamentale individuare un metodo condiviso e la necessità di procedere ad un confronto istituzionale che tenga conto dell’indispensabile equilibrio fra individuazione dei siti, risorse e strutture disponibili, tenuta del tessuto sociale, sicurezza dei cittadini e qualità dei percorsi di integrazione. Da ciò, e non da altro, dovrebbe derivare la nostra indisponibilità alla giusta richiesta del Prefetto.
Concludo cogliendo l’occasione, essendo rimasta ancora inascoltata la richiesta da me già avanzata, di convocare un Tavolo di lavoro, al quale invitare le Istituzioni civili, militari e religiose presenti sul territorio, per affrontare anche qui a Rignano, soprattutto per la presenza ormai non più trascurabile di una forte comunità romena, opportune politiche per la loro integrazione sociale.

sabato 17 gennaio 2009

In occasione del 90° anniversario...


A 90 anni dall'appello "ai liberi e forti" del Partito Popolare Italiano, sembrandomi ancora così attuale, lo segnalo alla vostra lettura.


A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le enrgie spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel vincolo solenne della "Società delle Nazioni".

E come non è giusto compromettere i vantaggi della vittoria conquistata con immensi sacrifici fatti per la difesa dei diritti dei popoli e per le più elevate idealità civili, così è imprescindibile dovere di sane democrazie e di governi popolari trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della società.

Perciò sosteniamo il programma politico-morale patrimonio delle genti cristiane, ricordato prima da parola angusta e oggi propugnato da Wilson come elemento fondamentale del futuro assetto mondiale, e rigettiamo gli imperialismi che creano i popoli dominatori e maturano le violente riscosse: perciò domandiamo che la Società delle Nazioni riconosca le giuste aspirazioni nazionali, affretti l'avvento del disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali la legislazione sociale, la uguaglianza del lavoro, le libertà religiose contro ogni oppressione di setta, abbia la forza della sanzione e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffatrici dei forti.

Al migliore avvenire della nostra Italia - sicura nei suoi confini e nei mari che la circondano - che per virtù dei suoi figli, nei sacrifici della guerra ha con la vittoria compiuta la sua unità e rinsaldta la coscienza nazionale, dedichiamo ogni nostra attività con fervore d'entusiasmi e con fermezza di illuminati propositi.

Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali - la famiglia, le classi, i Comuni - che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell'Istituto Parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto delle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali: vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi, l'autonomia comunale, la riforma degli Enti Provinciali e il più largo decentramento nelle unità regionali.

Ma sarebbero queste vane riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova Società, il vero senso di libertà, rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie: libertà religiosa, non solo agl'individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo; libertà di insegnamento, senza monopoli statali; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche.

Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall'anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all'autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale.

Le necessarie e urgenti rifrome nel campo della previdenza e della assistenza sociale, nella legislazione del lavoro, nella formazione e tutela della piccola proprietà devono tendere alla elevazione delle classi lavoratrici, mentre l'incremento delle forze economiche del Paese, l'aumento della produzione, la salda ed equa sistemazione dei regimi doganali, la riforma tributaria, lo sviluppo della marina mercantile, la soluzione del problema del Mezzogiorno, la colonizzazione interna del latifondo, la riorganizzazione scolastica e la lotta contro l'analfabetismo varranno a far superare la crisi del dopo-guerra e a tesoreggiare i frutti legittimi e auspicati della vittoria.

Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, inspirandoci ai saldi principii del Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell'Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi di fronte a sconvolgimenti anarchici di grandi Imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità, di fronte a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell'organismo statale centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici.

A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell'amore alla patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degl'interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo, a nome del Partito Popolare Italiano facciamo appello e domandiamo l'adesione al nostro Programma.

Roma, lì 18 gennaio 1919

LA COMMISSIONE PROVVISORIA
On. Avv. Giovanni Bertini - Avv. Giovanni Bertone - Stefano Gavazzoni - Rag. Achille Grandi - Conte Giovanni Grosoli - On. Dr. Giovanni Longinotti - On. Avv. Prof. Angelo Mauri - Avv. Umberto Merlin - On. Avv. Giulio Rodinò - Conte Avv. Carlo Santucci - Prof. D. Luigi Sturzo, Segretario Politico.